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Da antichi canovacci
con: Mimmo e Giacomo Cuticchio, Tania Giordano
adattamento scenico e regia: Mimmo Cuticchio
musiche: Giacomo Cuticchio
primo violino: Marco Badami
secondo violino: Filippo Di Maggio
viola: Massimo Cantone
violoncello: Paolo Pellegrino
luci: Marcello D’Agostino
organizzazione: Elisa Puleo
prima rappresentazione 21 settembre 2019 La pazzia di Orlando, Teatro Fraschini (Pavia)
Isolare La Pazzia di Orlando qualsiasi altro episodio del ciclo dei paladini di Francia, non ha molto senso né sulla pagina né sulla scena. E’ come strappare un tassello da un grande mosaico, come recidere un ramo da una quercia, l’operazione è di dolorosa evidenza riduttiva: il ramo non è la quercia, il tassello non è il mosaico. A questa sorta di mutilazioni ricorsero gli ultimi maestri pupari tra gli anni cinquanta e sessanta, quando incalzati dall’invasione televisiva, furono abbandonati a loro stessi. Presentati singolarmente gli episodi, che erano centinaia, non possono rendere l’ampiezza e il respiro del disegno narrativo e drammaturgico nel quale bisogna comprendere la partecipazione popolare, e, per quanto significativi e cruciali, smembrati dall’insieme, essi rischiano di apparire come curiose scaglie folcloriche.
La Pazzia di Orlando è uno dei titoli più cari al pubblico tradizionale ed è il risultato di un ripensamento della struttura narrativa dell’“opra” nato dall’esigenza di adeguare la rappresentazione ad un nuovo pubblico. In questo senso la scenotecnica è stata particolarmente curata ed il succedersi delle scene è misurato sull’effetto e sul ritmo che nella tradizione era diluito nel corso di più episodi. Gli stessi personaggi della storia hanno subito degli interventi, nel senso che la loro caratterizzazione avviene nel corso dell’azione, senza interrompere il flusso narrativo con lunghi monologhi o degli a parte.
Le tecniche narrative, il linguaggio scenico, tuttavia non sono rinnegati, anzi acquistano maggiore evidenza senza per questo snaturarsi
Rinnovamento indotto dalle mutate condizioni socioculturali ma che dimostra la capacità dell’opera dei pupi di plasmare nuove soluzioni e nuovi stimoli senza negare la propria identità.[:]